Albert Espinosa. Dall’ospedale a Hollywood con un milione di libri

Albert Espinosa. Dall’ospedale a Hollywood con un milione di libri

Quella di Albert Espinosa, scrittore, sceneggiatore, regista di teatro e cinema nonché attore, è una storia esemplare, molto conosciuta in Spagna e specialmente in Catalogna, terra natale di questo trentottenne barcellonese, che con i suoi tre romanzi ha superato il milione di copie vendute. Ma non solo: la serie televisiva Pulseras rojas (braccialetti rossi), basata sul suo primo libro El mundo amarillo è stata comprata dalla casa di produzione DreamWorks di Steven Spielberg e sarà adattata da Marta Kauffman (la creatrice di Friends) che realizzerà un remake per il mercato statunitense, trasmesso dalla catena ABC. Anche in Italia le avventure dei ragazzi malati di tumore diventeranno una serie TV.

Espinosa, che a Milano BookCity 2012 ha presentato con Alessandra Casella il suo Se mi chiami mollo tutto… però chiamami, edito da Salani (che aveva già pubblicato il precedente Tutto quello che  avremmo potuto essere io e te se non fossimo stati io e te) ha raccontato con emozione la telefonata ricevuta dalla Kauffman:

Mi disse che Spielberg, il mio regista preferito, aveva visto la serie trasmessa in Spagna e aveva pianto e riso. Io quasi non ci credevo. Era come passare da una stanza di ospedale alla sala di un cinema. Insomma, superava ogni mio sogno.

E non è un caso che lo scrittore citi un ospedale. Un luogo che ha avuto un ruolo cruciale nella sua infanzia. La vicenda umana di Espinosa è una di quelle che non si scordano e si riflette in diversa misura in tutte le sue opere. A soli tredici anni gli viene diagnosticato un osteosarcoma a causa del quale i medici sono costretti ad amputargli una gamba, ma la lotta contro il cancro non finisce. La metastasi colpisce altri organi e al giovane Albert vengono tolti un polmone e una parte del fegato, “a forma di stella”, come lui stesso ripete nelle interviste. Nonostante i lunghi periodi di ricovero, nei quali incontra tante persone, molte delle quali non ci sono più ma che considera maestri di vita, Espinosa riesce a laurearsi in ingegneria industriale e soltanto a ventiquattro anni viene dichiarato definitivamente guarito. Da quel momento la sua attività diventa inarrestabile. Albert spiega così la grande energia che lo muove:

Un anziano signore conosciuto in ospedale mi disse che la cosa peggiore non è morire, bensì non vivere intensamente. Ne ho fatto la mia filosofia.

Alessandra Casella presenta il romanzo di Albert Espinosa a BookCity Milano 2012

Oggi Espinosa è un uomo di successo che ha fatto della positività una regola di vita, le pagine dei suoi libri sono costellate di pillole di saggezza, frutto della dura esperienza vissuta, della quale, forse, resta soltanto un’ombra nello sguardo, una sorta di spossatezza di chi ha vissuto cento vite più degli altri.

Espinosa è uno che dice cose come:

 Io non credo che mi manchi una gamba. Ho semplicemente un moncherino in più degli altri.

Oppure:

Non è vero che il mondo non può cambiare. Ci vuole interesse per gli altri. Il mondo si contamina con la nostra energia. È un peccato quando, in una sala d’attesa o su un treno, vedi gente attaccata al cellulare senza scambiare una parola con il vicino di posto. Il mondo va male quando non ci interessiamo agli altri.

Quando gli domandano qual è il segreto del suo successo sorride e dice:

Non ne ho idea, non me lo chiedo, me lo godo e basta. In Se mi chiami mollo tutto… però chiamami ho scritto la storia che avrei voluto leggere, il titolo me lo ha suggerito una panettiera di Maiorca di 90 anni, da allora cerco di ripagarla comprando più baguette. Io so solo che il successo mi ha dato la libertà di dedicarmi ad altri progetti. Fra un mese sarò a Los Angeles per assistere alle riprese dell’episodio pilota della mia serie, mentre il 21 dicembre, a Barcellona, ci sarà la prima del mio spettacolo Els nostres tigres beuen llet  (le nostre tigri bevono latte).

Al termine del convegno ci spostiamo in una piccola (e splendida) saletta della biblioteca Sormani dove Espinosa registra un’intervista televisiva e poi, finalmente, mi concede di fargli qualche domanda.

 Quando hai saputo che saresti diventato scrittore e non ingegnere?

Proprio mentre frequentavo l’Università. Lì ho cominciato a scrivere e non ho più smesso.

Quando scrivi chiedi a qualcuno di fiducia di leggere pezzi della storia o aspetti di avere terminato?

Dipende dalla storia, ma in genere aspetto di avere terminato tutto il testo e poi lo faccio leggere in famiglia.

Qual è il tuo rapporto con la tecnologia?

Io scrivo i miei romanzi a matita. Sempre. Ma a parte questo vezzo, ho un ottimo rapporto con la tecnologia. Uso Twitter, Facebook e cerco di leggere le mail dei fan che arrivano al mio sito. Ne ricevo circa 4 mila al giorno e ovviamente non posso rispondere a tutte. 

Tu sei catalano, in queste settimane nella tua terra si parla molto di indipendenza dalla Spagna. Che cosa ne pensi?

Non parlo mai di politica e tanto meno di economia. Credo non sia un mio compito, non trovo giusto mischiare la mia professione di scrittore con le mie idee politiche.

Stai scrivendo un nuovo romanzo?

Sì, ma non posso ancora parlarne. Uscirà in Spagna a marzo 2013.

C’è da scommettere che il titolo occuperà due righe…

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