Il voto in Catalogna. La frenata del nazionalismo

Il voto in Catalogna. La frenata del nazionalismo

Ieri era giorno di elezioni. E non solo in Italia. E dato che delle primarie del Pd e del prossimo ballottaggio tra Bersani e Renzi oggi ne parleranno tutti, io vi racconto la realtà che ho fuori dalla porta di casa.

In Catalogna, regione autonoma della Spagna, si è votato perché Artur Mas, il presidente della Generalitat, (il governo locale), da mesi strillava che i catalani sono stanchi di essere spagnoli, e per dimostrarlo, ha indetto costose elezioni (35 milioni di euro) che avrebbero dovuto consacrarlo come il messia dell’indipendenza. Sempre secondo i piani di Mas, infatti, se Convèrgencia y Unió (Ciu), il suo partito, avesse raggiunto la maggioranza assoluta, il governo locale avrebbe promosso, con le buone o con le cattive, un referendum secessionista.

I vaneggiamenti nazionalisti del leader catalano non hanno convinto tutti gli elettori che, pur scontenti per un trattamento fiscale ritenuto iniquo e irritati dagli atteggiamenti centralisti del governo Rajoy, non si sono fatti incantare dalle promesse di una Catalogna indipendente e miracolosamente ricca. Almeno per adesso.

Mas ha sì vinto le elezioni, ottenendo 50 seggi in parlamento, ma invece di avvicinarsi alla tanto agognata maggioranza assoluta (68 seggi) l’ha vista allontanarsi perdendo ben 12 parlamentari rispetto alle elezioni di due anni fa. Un magro risultato per uno che ha insistito sull’importanza di andare al voto anticipato per dimostrare quanto i catalani fossero dalla sua parte. E vale la pena di sottolineare che si è trattato delle elezioni con la maggior partecipazione di tutti i tempi, dato che ha votato quasi il 70% degli aventi diritto.

Il piano “sovranista” di Artur Mas affonda alle elezioni titola El País, Mas perde 12 seggi nella sua sfida indipendentista scrive El Mundo, Duro castigo ad Artur Mas fa eco La Vanguardia. Insomma, una vittoria che è una sconfitta e che lascia aperti molteplici scenari.

In conferenza stampa, subito dopo il deludente risultato, a un Mas con la faccia scura, non è rimasto che sorvolare sui temi nazionalisti e concentrarsi su quelli della governabilità della regione basati sulle nuove possibili alleanze.

Per chi vede nei nazionalismi la più bieca forma di egoismo antisolidale e nelle bandiere uno strumento di conflitto che va contro alla costruzione di un futuro di pace, la vittoria-sconfitta di Mas rappresenta soltanto una breve tregua, ma non permette di abbassare la guardia. Le urne hanno stabilito che il secondo partito, con un risultato incredibilmente positivo (più 11 seggi), è Esquerra Republicana (Erc), formazione di estrema sinistra che appoggia il piano indipendentista.

A conti fatti, i sostenitori del separatismo non sono aumentati rispetto al 2010, ma hanno virato più a sinistra, rendendo da un lato palese il malessere che ha colpito gran parte della società catalana e dall’altro l’inutilità di anticipare il voto di due anni rispetto al termine di fine legislatura. I catalani che fino ad oggi hanno voluto restare in Spagna, continuano a volerlo, nonostante la crisi e nonostante le manifestazioni di piazza degli ultimi mesi, che gli indipendentisti hanno utilizzato come cavallo di battaglia a sostegno delle tesi secessioniste. I limiti di una possibile futura Catalogna indipendente sembrano essere più chiari alle gente comune che ai suoi governanti. Già in campagna elettorale molti imprenditori locali avevano preso le distanze dal leader di Ciu, consci del pericoli insiti nella creazione di un nuovo stato che, probabilmente, non avrebbe accesso alla zona euro e subirebbe il pesante boicottaggio alle esportazioni da parte dei vicini spagnoli.

Gli scenari che si prospettano per le prossime settimane sono piuttosto confusi. Qualcuno invoca le dimissioni di Mas che in campagna elettorale aveva più volte ribadito che se non avesse centrato gli obiettivi si sarebbe ritirato, altri lo incitano ad allearsi con Erc, cosa che scontenterebbe gli elettori di Ciu più moderati, ma potrebbe rinvigorire i piani secessionisti. Ciu ed Erc potrebbero infatti decidere di continuare insieme sulla strada dell’indipendentismo e gettare le basi per una prossima consultazione popolare.

Se mi toccherà assistere anche a questa, non mancherò di raccontarlo.

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