Adolescenti. Gli strumenti per capirli.

Adolescenti. Gli strumenti per capirli.

I relatori del convegno “Gli adolescenti e la scuola”. Da sin: Piotti, Migliore, Bruni, Gandolfi, Balossi Restelli.

L’adolescenza. Tema più attuale e complesso non potevano trovare gli organizzatori del convegno che si è tenuto a Milano sabato 17 novembre in occasione di BookCity 2012. Una conferenza moderata dalla giornalista del Corriere della Sera Sara Gandolfi, che ha intrattenuto un pubblico che meritava di essere molto più numeroso, visto la delicatezza dei temi trattati. I nuovi modelli di famiglia e le loro implicazioni nella vita degli adolescenti sono stati oggetto di interessanti riflessioni da parte dei relatori, tutti adetti ai lavori con anni di esperienza nel campo della psicologia e dell’insegnamento.

Due i libri alla base del dibattito: Il banco vuoto. Diario di un adolescente in estrema reclusione di Antonio Piotti (Franco Angeli, 16,50€) e A ciascuno la sua. Racconti e ritratti di famiglie, di Nicola Balossi Restelli, Claudia Bruni e Annamaria Migliore (Rosenberg & Sellier, 17,50€), un saggio che affronta le casistiche familiari più svariate, dai genitori separati a quelli dello stesso sesso, dalla coppia anziana a quella di immigrati.

Entrambi i libri raccontano storie spesso dure, ma che si leggono d’un fiato perché ritraggono realtà con le quali molti genitori sono costretti a fare quotidianamente i conti. E dopo la recente e drammatica vicenda del quindicenne romano che si è tolto la vita, temi di questo genere meritano una visibilità ancora maggiore perché nessun genitore può dirsi preparato ad affrontare le turbolenze dell’adolescenza.

La mancata accettazione della propria identità e la paura di non essere all’altezza delle aspettative dei compagni e della famiglia sono fattori scatenanti di fenomeni che talvolta sfociano in vere e proprie patologie. Come quella della reclusione estrema, fenomeno nato in Giappone (dove i ragazzi che ne soffrono sono chiamati hikikomori e hanno superato il milione) e che oggi si va diffondendo in forme più o meno gravi anche in Europa (una recente indagine dello psicoterapeuta Matteo Lancini stima che ne siano colpiti tre ragazzi su mille).

Nel suo saggio, che si fa leggere come un romanzo capace di trasmettere intense emozioni, Antonio Piotti riunisce tutte le sue esperienze cliniche in un solo protagonista, Enrico, il quale poco a poco si isola dalla società, abbandona la scuola e vive recluso nella sua stanza, senza quasi contatti con i genitori, incollato allo schermo del computer, unico mezzo per restare nel mondo, un mondo virtuale che non fa paura come quello vero.

La scuola ha sempre fatto paura – dice Piotti – un’interrogazione, un professore in particolare potevano mettere ansia. Oggi però non è più questo che temono i ragazzi. L’istituzione scuola è scomparsa, ma al suo posto non è nata la scuola della libertà, del confronto, della felicità, bensì quella di una paura più sottile, ovvero del confronto con se stessi. I ragazzi spesso arrivano a scuola pensando che sarà come una stanza dei giochi in cui tutto si ottiene e in cui il sapere fluirà senza fatica dentro di loro. Invece, scoprono che il sapere, ma soprattutto il saper fare, inteso come capacità di mettersi in relazione in modo corretto con i compagni, i professori e gli adulti, richiedono sforzo. Ne deriva che tutte le occasioni di socializzazione sono fonti di disagio perché fanno sentire i ragazzi inadeguati. Per la nostra generazione la fobia scolare era una cosa che capitava in prima elementare, oggi riguarda studenti intelligenti che hanno crisi di panico davanti ai cancelli della scuola, terrorizzati dall’idea del confronto.

Senza giungere a casi limite come quello degli hikikomori giapponesi, in Italia gli adolescenti manifestano il disagio anche con altre forme di rifiuto dei modelli comportamentali di civile convivenza, come quello delle bande di strada, spesso violente. Lo spiega Annamaria Migliore:

 È un problema che riguarda molti ragazzi stranieri privati della memoria familiare e di conseguenza di un’identità ben definita. Se la famiglia non insegna la lingua o le tradizioni del paese di origine i ragazzi cercano di affermare la propria identità nei gruppo, l’unico modo che sentono di avere per rendersi visibili. Oppure recuperano altri elementi di identità tradizionali come le ragazze arabe che per “protesta” si mettono il velo.

La crisi che colpisce gli adolescenti è dunque una crisi della famiglia intera e uno degli elementi ricorrenti nelle lamentele dei genitori è il rapporto dei figli con il computer, i videogiochi e soprattutto Internet. Piotti in materia ha le idee chiare:

Internet è un po’ come la droga di una volta. Non è il computer che induce i ragazzi a isolarsi, al contrario, è un modo maldestro per curarsi che poi, però, diventa a sua volta malattia. In realtà l’isolamento dei ragazzi è originato dal rapporto distorto tra il corpo e la propria immagine. Il fatto è che all’inizio la famiglia è felice che il ragazzo passi del tempo al computer, perché se è nella sua stanza è al sicuro, lontano dai pericoli della strada. Quindi, involontariamente, i genitori favoriscono la dipendenza. Ma Internet è una falsa protezione. Occorre il coraggio di spingere i ragazzi a uscire. Non si tratta di imporre limiti di tempo all’uso del computer, ma di ragionare insieme per far capire loro qual è il suo uso corretto.

Una delle figure più dibattute nel corso del convegno è stata quella del padre, un ruolo in evoluzione che spesso crea problemi suo malgrado.

In molte famiglie – dice Annamaria Migliore – il padre è una figura che vive sullo sfondo, poco incline al conflitto. Preferisce defilarsi, ma il conflitto può essere utile. Saper soltanto assecondare fa sì che l’adolescente vada a cercare le conferme e le comodità che ha ricevuto in famiglia, nel mondo esterno. E lì non riuscirà a trovarle.

Antonio Piotti

Piotti  aggiunge:

Il padre oggi non deve seguire il progetto narcisistico del figlio, al contrario, deve imparare a dire: “Guarda che le cose non sempre riescono, capita di fallire, a me è successo…”

Il banco vuoto, diario di un adolescente in estrema reclusione, lettura che consiglio a tutti i genitori di figli adolescenti o preadolescenti, si chiude con il protagonista in via di “guarigione” dopo cinque anni di clausura (“in genere questi ragazzi recuperano perfettamente perché la loro non è una vera malattia mentale” dice Piotti) e con un utilissimo decalogo di consigli per i genitori, tra i quali due meritano di essere scritti a lettere cubitali:

Ricordatevi di aver messo al mondo delle persone e non degli studenti. Gli insuccessi scolastici sono una brutta cosa, ma non sono una rovina assoluta: si può rimediare e si può ricominciare. Lo hanno fatto in molti senza grossi problemi. Vostro figlio deve fare molti compiti: deve imparare a conoscere il proprio corpo, deve separarsi da voi, deve fare i conti con gli insuccessi e deve immaginare un mondo possibile nel quale collocarsi. Deve anche acquisire un sapere, non solo a scuola.
Non vergognatevi. Mostrate i vostri limiti senza che essi diventino un piagnisteo. Non siete perfetti ma avete i vostri punti di forza, abbiate rispetto e non attribuitevi troppe colpe. Se sentite che fate fatica, accettate l’idea di chiedere aiuto.

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