Terrorismo. È ora di reagire.
Scrivevo lo scorso Natale, armata di un po’ di (vana) speranza, l’augurio che il 2016 cominciasse meglio di come era terminato il 2015.
Invece no, l’escalation di violenza e terrore non ha avuto fine, anzi. Ieri è toccato a Bruxelles con i suoi oltre 30 morti, vittime di un fanatismo brutale e sanguinario, di un’ideologia malata che punta ad annientare il mondo occidentale, colpevole di credere in una società democratica, libera e pacifica in cui non c’è posto per divinità crudeli e vendicative.
Davanti alle ennesime scene di terrore, ai volti spauriti e sanguinanti dei feriti, ai corpi esanimi distesi sui pavimenti di un aeroporto, lacrime e rabbia si fondono in un unico sentimento. La paura ci invade perché sappiamo di non essere sicuri in alcun luogo e perché quei poveri corpi straziati potrebbero essere i nostri o quelli dei nostri familiari e amici. Tutti abbiamo fatto la fila per imbarcarci su un volo con i nostri bambini per mano, tutti siamo saliti sul vagone di una metropolitana e fa lo stesso che la città degli attentati non sia la nostra. Siamo vulnerabili ovunque perché il virus dell’emulazione si diffonde alla velocità di un clic.
Ci aspetta un futuro da rinchiusi nelle nostre case, terrorizzati dall’idea di prendere un treno, andare al cinema o in un centro commerciale? Temo che se l’Occidente intero non apre gli occhi e la finisce di pensare agli interessi economici di pochi, questo sia il destino. Perché, diciamocelo, tutto questo parlare di intelligence per risolvere il problema è abbastanza ridicolo e superficiale. È come affrontare una sparatoria con le pistole ad acqua mentre il nemico usa un mitragliatore. L’intelligence non è la soluzione. Certo, la polizia di Bruxelles forse non è stata all’altezza del compito, forse dati e informazioni non sono circolati a sufficienza ma, diciamolo, per quanto gli addetti alla sicurezza lavorino giorno e notte, organizzino retate, sventino attentati e arrestino criminali, qualcuno di loro riuscirà sempre a farla franca e farci saltare per aria. I terroristi non hanno nulla da perdere, non hanno paura delle nostre armi e delle nostre pene, perché per questa gente è un privilegio servire il loro Dio con la morte.
Il terrorismo non si ferma con l’intelligence. Si ferma con la guerra. Mai avrei pensato di dover usare questa parola che per gli italiani della mia generazione appartiene ai racconti di nonni e bisnonni. Una parola odiosa che evoca orrore. Ma che cosa stiamo vivendo se non un orrore quotidiano?
Per sradicare l’erba malata occorre strapparne le radici. La guerra si fa nei paesi in cui gente fanatica gozzoviglia mentre impone leggi insane alle donne e ai seguaci dal cervello ormai lavato. Paesi dei quali troppi governi occidentali fingono di essere amici per pura convenienza. Interessi economici pagati col sangue della gente comune.
Finché ci saranno angoli mondo in cui si insegna l’odio saremo sempre in pericolo. La guerra va fatta alla base, radendo al suolo ogni casa che nasconda una scuola di fanatici. C’è chi obietta che i terroristi sono spesso immigrati di seconda o terza generazione, nati e vissuti in Europa. Sì, è vero, sono giovani nati e vissuti nei ghetti periferici di città come Parigi o Bruxelles nelle quali hanno studiato senza mai sentirsi integrati, privati di un’identità che, invece, qualcuno dai loro paesi di origine ha cominciato a promettere a gran voce. Un’identità, quella di jihadista, una causa, quella dell’Isis, che per la prima volta nella vita li fa sentire parte di qualcosa di grande e di importante.
Il terrorismo è guerra. E alla guerra non si può rispondere soltanto con parole, le scritte di pace sull’asfalto, le fiaccolate e gli arresti isolati quando si ha fortuna. No, alla guerra si risponde con la guerra. L’occidente unito è immensamente più ricco e più forte di questi criminali assassini. Ed è tempo che lo dimostri.
La pazienza è della gente comune è finita.
Bene, leggo con piacere questo tuo intervento, che ho apprezzato in quanto mi ha consentito di capire che devo cancellarmi subito ed in totale scioltezza da questo blog.
Non so da dove derivino tutte queste tue certezze, perché, se ci pensi un attimo, il Brigatismo Rosso ad esempio non è stato vinto bombardando e radendo al suolo tutti i condomini nei quali alloggiavamo i brigatisti, ma proprio mediante l’Intelligence, una Intelligence determinata e spietata, ovviamente.
Non so quale città o cittadina o paese della Siria o di qualsiasi altra nazione araba tu pensi di bombardare, anche perché se pensi alla sola Siria, sono più le macerie che le case rimaste in piedi.
Vedo, allo stesso tempo, che la tua indignazione è legata al fatto che tu, noi o i nostri amici e parenti, tutti occidentali, potremmo restare vittime un giorno o l’altro di questi fatti, quando in pieno continente africano, ad esempio, le stragi di persone, ragazzini, ragazzine avvengono con cadenza tale da non fare più notizia.
Sono veramente sconcertato.
Tanti saluti.
Paolo
Meglio uno, dieci, cento persone in meno che seguono un blog per non condividerne le opinioni, piuttosto che un mondo in cui queste non si possono esprimere. Io quel mondo non lo voglio, i fanatici che stanno massacrando gente innocente, sì.
Un saluto.
Patrizia
Nessuno vuole quel mondo, non solo tu.
Quei fanatici si, ma vorrei sapere da te come fai a bombardarli, loro, i fanatici, non la gente innocente che gli vive intorno.
A meno che non vogliamo pensare che nel loro caso sia lecito fare di tutta l’erba un fascio.
Sappiamo benissimo che ci sono paesi come Arabia Saudita, Qatar, Siria o Kuwait da cui provengono milioni di dollari di finanziamenti soprattutto grazie ai pozzi di petrolio. La guerra si fa anche distruggendo le loro risorse economiche. Obiettivi mirati. Fino ad oggi, evidentemente, è stato fatto troppo poco, perché quel petrolio a basso costo fa comodo a qualcuno e non solo all’Isis.
Il loro essere uniti è la creazione di un’identità che prima non avevano. Ora si sentono parte di qualcosa e questo li rende forti. L’Occidente litiga ogni giorno, la Spagna da mesi non ha un governo e cura solo il proprio orticello, si sviluppano nazionalismi e si tirano su muri. Con queste premesse non vinceremo mai.
A meno che tu non abbia abbandonato del tutto i mezzi di trasporto a combustibile di origine fossile e ti muovi solo a piedi o in bici, il petrolio a basso costo fa comodo anche a te, a me e a tutti noi.
La polemica può proseguire all’infinito, le ragioni non sono mai da una sola parte. Rispetto sempre le opinioni altrui e,francamente, mi auguro che la tua sia quella giusta. Buona giornata.
“alla guerra si risponde con la guerra”. Di primo acchito mi verrebbe di darti ragione. Poi penso a quello che provocano le guerre (oltre a morti e futuri portatori di handicap). Esodi di massa (leggi immigrati), miseria, disgregazione di una civiltà, fratture sociali, odio verso l’invasore, ecc…
Avevamo seminato guerra in Iraq, Siria e Libia e abbiamo raccolto l’Is. La Francia ha seminato guerra nell’Is e ha raccolto il terrore a casa propria. Dobbiamo forse seminare qualcosa anche noi italiani?
Non ho una ricetta perchè il nemico (che abbiamo contribuito a creare) è invisibile. Non lo vediamo prima dell’attacco, non lo conosciamo mentre si “forma”. Una soluzione possibile è quella di aiutare Assad a tornare ai pieni poteri. Armandolo. E fidandoci di lui. Perchè l’Occidente ha armato i taleban contro la Russia e quelli poi si sono ritorti contro di noi.
Un’altra soluzione (impossibile) sarebbe quella di evitare lo strapotere di certe nazioni a svantaggio di altre. C’è, infatti, un bel proverbio arabo che dice: “sotto il sole del deserto il cammelliere fa i suoi calcoli, ma li fa anche il cammello”.
Ci sono cammelli (maligni) che ne armano altri (più deboli), ma il cammelliere dimostra di non saper contare.
Grazie Elisa per il tuo intervento. Detesto la guerra, solo la parola mi fa ribrezzo. Purtroppo, però, senza ricette e con le soluzioni impossibili continueranno a morire migliaia di persone. È verissimo che abbiamo contribuito a creare questo nemico, ma ciò non significa che dobbiamo stare seduti a guardare mentre devasta il nostro mondo. Qui non si tratta più di francesi, belgi, spagnoli o italiani. Non si può far finta che non sia accaduto nulla e pensare che sia un problema degli altri. Non è che se ce ne stiamo zitti e buoni, forse a noi non faranno nulla. L’Occidente si divide sempre su tutto. Loro sono uniti. Sarebbe ora di muoversi insieme, ma insieme davvero.
“loro sono uniti”…
Ma “loro” chi?!
Tutti gli islamici?
Tutti gli arabi?
Tutti chi?!
Cosa pensi che sia giusto fare: bombardare tutto e tutti?!
Ciao Patrizia, loro (se per loro intendi gli arabi) non sono meno divisi di noi. Hanno interessi contrapposti e (almeno a livello dei loro governanti) si odiano l’un l’altro e proteggono in modo viscerale il loro orticello (e il loro potere su quell’orticello).
Il problema vero però è capire perchè così tante nazioni occidentali tutte (o quasi) a rischio attentati non facciano nulla. Sembrano tergiversare. Mi chiedo: non è che magari abbiano interessi particolari? O perlomeno ne abbiano alcuni all’interno di quelle nazioni?
Ciao Elisa, prima di tutto lungi da me l’idea di fare di tutta l’erba un fascio, quando parlo di “loro” non parlo certo degli arabi in generale, ho amici arabi che sono persone magnifiche e mai mi sognerei di associarle al fanatismo islamico. Il mio “loro” è riferito alle organizzazioni terroriste, che con la scusa della religione riescono a tenere unite persone a cui hanno imbottito il cervello di assurdità. E quando scrivo che è per il mondo Occidentale è tempo di reagire, parlo proprio di dire basta a quegli interessi particolari che fino ad ora hanno fatto sì che la reazione fosse modesta. Si bombardano i pozzi di petrolio nei paesi arabi, sì ma solo un po’… (se no poi costa troppo e ci tocca usare le energie alternative pulite), si schedano i terroristi ma poi circolano liberi per l’Europa… Perché? Quando dico che siamo in guerra, dico solo che se non si attivano tutte le risorse per sradicare il male all’origine, ci aspettano anni bui. Dobbiamo aspettare che facciano saltare le centrali nucleari, come stavano pianificando?
Ti auguro davvero una serena Pasqua, se sereni si può stare in questa situazione.
Buona Pasqua di cuore anche a te!
Per me la Pasqua è sempre stata sinonimo di speranza, non solo per il messaggio religioso ma anche perchè cade in primavera, tempo in cui la natura mostra i fiori colorati che promettono i frutti dell’estate. E visto che sono appassionata di orto e frutteto e ho la fortuna di seguire il risveglio di semi e piante sono ipnotizzata dal miracolo della vita e su altro non ragiono.
Non li temo, ho altro a cui pensare in questo periodo (forse come tutti) e non mi sento in guerra con nessuno. Passerà anche questa come ne sono passate altre, l’umanità si evolverà, “seppellirà” questa forma di violenza e ne produrrà altra.
Sono gesti vigliacchi quelli di Parigi e Bruxelles, ma vigliacca è l’umanità nelle piccole e grandi cose. Ti lascio un branetto tratto dalle lettere di Lucilio di che sintetizza il distacco e la serenità che condivido assieme al grande Seneca:
“L’estate è passata ma tosto un altro anno la ricondurrà, l’inverno è cessato ma nei suoi mesi ritornerà. La notte vince lo splendore del sole, ma tosto essa stessa sarà cacciata dal giorno. Tale è il corso degli astri, tutti quelli che sono tramontati risorgono: una parte del cielo sale l’altra scende.”
Grazie, è splendido il brano che mi hai lasciato e non posso che condividerne l’essenza. Sulla speranza mi trovi sempre d’accordo, se sei tra le mie lettrici abituali ti ricorderai di un post di un po’ di tempo fa che avevo intitolato “Chi spera è un nuovo guerriero” (http://leultime20.it/speranza-guerriero/). Detto questo, io sì li temo, come tutti ho altro a cui pensare, certo, la vita quotidiana ci assorbe senza tregua, ma questo accade fino a che il dramma non ci tocca. Se in quella metro o in quell’aeroporto, come nelle piazze delle città turche o nei villaggi siriani ci fossimo stati noi con i nostri cari, be’, probabilmente ora penseremmo solo a quello.
Ti rinnovo i miei auguri e ti ringrazio tanto per il bel confronto di idee.
Mi dispiace solo che a fare questi discorsi sia la responsabile di un blog sulla lettura e la letteratura, che, così come fanno i bei libri di cui fino ad oggi qui si era parlato, dovrebbe insegnare l’amore e non l’odio.
Caro Andrea, un blog è un posto un cui si esprimono idee, opinioni e si riflette sulle cose della vita. La letteratura è un mondo meraviglioso che dona emozioni infinite e l’amore è di certo il più nobile dei sentimenti. Ma fuori dalla vita di carta dei personaggi dei libri non si può amare incondizionatamente chi ci fa del male ogni giorno. Quello non è amore, è schiavitù. Lungi da me il pensiero di rispondere al terrore col terrore, ma è inevitabile pensare che una società in decadenza come quella Occidentale, se non resta unita e non agisce, finirà per essere travolta. È già successo nei secoli passati.
Buona giornata e buoni libri.
Non vorrei sembrare pedante, ma vorrei farti presente che, nell’eventualità, non saremmo noi a “rispondere col terrore al terrore”, ma sono “loro” che stanno di fatto rispondendo “col terrore” al terrore di cui le nazioni occidentali hanno ricoperto per anni le loro terre e le loro genti.
Aggiungo solo questo e vediamo che ricordi ti fa riaffiorare: “Iraq=armi di distruzione di massa”…
ps: a scanso di equivoci, ed a scopo preventivo, specifico che ciò non significa che ci si debba lasciare massacrare.