“Río Fugitivo” di Edmundo Paz Soldán
Giugno 2015
Questo mese la rubrica 2VociX1Libro viaggia fino in Sudamerica e ospita lo splendido romanzo Río Fugitivo del boliviano Edmundo Paz Soldán, che racconta l’essere adolescente nella Bolivia degli anni ottanta. Amicizia, famiglia, amore, crisi economica, instabilità politica, povertà, droga e disuguaglianze sociali, visti con gli occhi di un ragazzo della media borghesia che sogna di essere scrittore di libri gialli. Una lettura più che consigliabile per tutte le età.
Patrizia&Giuditta 2VociX1Libro è una rubrica che nasce dall’incontro di due persone distanti per formazione ed esperienze di vita, ma unite da una grande passione per i libri e la letteratura. Due donne, Giuditta e io, che si sono conosciute leggendo l’una il blog dell’altra, due “sentire” spesso discordanti ma sempre rispettosi e aperti al confronto. Da questa complicità è nata, tra un tweet e l’altro, l’idea della rubrica. Un luogo in cui confrontarsi su un libro diverso ogni mese in modo divertente e scanzonato, senza il rigore di una recensione, ma con l’attenzione ai dettagli. Una sorta di gioco (liberamente tratto dalle famose interviste della trasmissione “Le Iene”) che vi permetterà di conoscere nuovi romanzi e sorridere un po’.
Edmundo Paz Soldán
Fazi Editore
Patrizia twitter: @patrizialadaga | Giuditta twitter: @tempoxme_libri www.libri.tempoxme.it |
1. Dai un voto alla copertina e spiegalo | |
Voto: 9. Una copertina sobria che pur senza possedere elementi straordinari riesce a farsi notare, complice il magnifico azzurro che la ricopre quasi per intero. | Voto: 9 Bellissima la tonalità di azzurro scelta per la copertina e l’immagine decentrata della finestra. Non lascia presagire nulla del romanzo e di quello che racconterà, ma forse allude allo sguardo obliquo e distopico con cui il protagonista guarda a Rìo Fugitivo. Elegante il lettering e ancora di più il logo Fazi, in basso a destra, che con il colore gioca con il nome dell’autore e la tonalità della grondaia della finestra, in un rimando ottico di grandissima raffinatezza. |
2. L’incipit è… | |
Fuorviante e d’effetto. All’ignaro lettore Edmundo Paz Soldán fa credere di essere alle prese con un noir:
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Sublime. In “Rìo Fugitivo”, Edmundo Paz Soldàn riesce a dare un compendio di toni, stilemi, motivi e temi di tutta la letteratura latinoamericana, anche di quella del “realismo magico” da cui il protagonista, nell’ambizione di essere uno scrittore, prende le distanza esplicitamente nel testo. Ma il risultato finale è del tutto e straordinariamente originale e l’originalità viene fuori proprio da questo ammiccare continuo a ciò che è stata ed è la grande letteratura latinoamericana, Garcìa Marquez in testa. |
3. Due aggettivi per la trama | |
Nostalgica e avvincente. | Realista e letteraria. |
4. Due aggettivi per lo stile | |
Agile e lucido (ottimamente tradotto e ricco di termini tipici del vocabolario boliviano). Lo stile di Paz Soldán mi ha ricordato quello dell’argentino Marcelo Figueras, autore dello splendido romanzo Kamchatka (ospite di 2VociX1Libro di giugno 2014). | Elegante e sobrio (elogio alla traduzione di Carla Rughetti, che riesce a rendere la forte impronta originale della narrazione dello scrittore boliviano). |
5. La frase più bella | |
Río Fugitivo offre molte pagine dense di pensieri saggi che invitano a riflettere sulla gioventù, l’amore, l’amicizia, i rapporti familiari, le decisioni, la politica. Io ho scelto il più utopico dei sogni, quello di una città ideale, senza ingiustizia che dà il titolo al romanzo e che rappresenta il luogo in cui Roberto, il narratore, ambienta i suoi gialli:
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Tanti sono gli spunti riflessivi ed escatologici presenti nel romanzo, che innalzano l’esperienza formativa del protagonista e del suo alter ego, Mario Martínez, il detective dei romanzi polizieschi che scrive, dal particolare all’universale. Scelgo quella che per me racchiude il senso e il valore del romanzo:
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6. La frase più brutta | |
La bruttezza delle frasi in Río Fugitivo può solo fare riferimento allo squallore di una situazione, in genere legata alla povertà o allo stordimento provocato dalla droga e dall’alcol. Ne scelgo una in cui Roberto cerca di interrogare un vecchio barbone ubriaco e sfigurato da un incendio:
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Non ci sono frasi brutte nel romanzo, anche dove si fa riferimento al vomito, alla puzza, a certi aspetti macabri e spietati dell’esistenza, essi sono così consustanziali alla vicenda narrata, sia quella personale del protagonista e dei suoi amici, nella difficile età di passaggio che è l’adolescenza, sia quella storica della Bolivia degli anni Ottanta con la forte instabilità politica, l’odio razziale e la miseria, che ho difficoltà a considerarli avulsi dal contesto e quindi a isolarli come negativi. |
7. Il personaggio più riuscito | |
Paz Soldán tratteggia con abilità i molteplici personaggi che interagiscono con Roberto, il narratore, che ho amato molto come il suo Alter ego Mario Martínez, l’investigatore protagonista dei gialli di Roberto. Ma la mia preferenza reale va a Silvia, la sorellastra di Roby, che passa la vita a cercare di farsi amare da un padre, insensibile al suo bisogno d’affetto. Un ruolo minore il suo, una storia dentro la storia, ma che ha lasciato il segno. | Difficile davvero scegliere tra i personaggi, perché l’elenco sarebbe molto lungo. Allora gioco d’astuzia e cito Mario Martinez, che nel suo essere “personaggio” è il meno personaggio di tutti, ombra e velleità del protagonista del romanzo. Perché di fronte all’inadeguatezza dell’adolescenza sarebbe piaciuto anche a me immaginare un personaggio che fosse tutto quello che avrei voluto essere, senza esserlo, come dice di sé Roberto in Río Fugitivo:
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8. Il personaggio meno azzeccato | |
La madre di Roberto. Ha un ruolo marginale nel romanzo, ma la sua figura mi sembra poco coerente nelle varie parti della storia. Ho faticato a capire che tipo di persona è. | Potrei dire gli adulti: la madre di Roberto, il padre con le sue idee reazionarie, padre Tejada con i suoi lati torbidi, l’ispettore Daza con la sua ambiguità. Ma sono personaggi perfettamente riusciti nella loro negatività, e quindi Patrizia mi rimprovererebbe la congruità della mia risposta con l’aggettivo “azzeccato”. Sono azzeccati proprio nel creare una certa distanza con il lettore, che è poi la distanza stessa avvertita dai ragazzi protagonisti con il mondo degli adulti. |
9 La fine è… |
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Riepilogativa. Finiti gli anni dell’adolescenza il narratore racconta che cosa è accaduto a tutti protagonisti di quell’epoca e rivela alcune verità taciute. | Ammetto che non mi entusiasmano le conclusioni in cui con un salto in avanti si tirano le fila delle vite dei protagonisti, se ne racconta in sintesi la loro vicenda esistenziale fuori dalla vicenda narrata. La trovo una fine posticcia. Invece Paz Soldàn sa inserire perfettamente questo elemento nella narrazione, creando un finale di forte impatto, in cui il gioco sottile tra narrazione e metanarrazione, che corre per tutto il romanzo, si combina con grande maestria in una sintesi perfettamente riuscita, perché la vita non è altro che un delitto perfetto e
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10. A chi lo consiglieresti? |
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A tutti, specie a chi sa che la letteratura sudamericana non è soltanto realismo magico (sempre presente sullo sfondo) e apprezza i romanzi di formazione ambientati in paesi con realtà politiche ed economiche molto critiche. | Grido a gran voce: a tutti! Un romanzo che è una somma di tanti generi, che sa essere dolce e nostalgico, sgradevole e forte, politico e utopico, e in cui ci si perde completamente nella “magia” che solo la letteratura vera sa creare. |