“Quando potevamo ballare per strada” di Patrizia La Daga (sì, l’autrice del blog)

“Quando potevamo ballare per strada” di Patrizia La Daga (sì, l’autrice del blog)

Scrivo nella speranza di non essere scoperta. A noi donne leggere e scrivere è proibito da molti anni. Le anziane come me sono le più sorvegliate, i guardiani sanno che abbiamo studiato, che ai nostri tempi usavamo il computer, insegnavamo nelle scuole e dirigevamo aziende. Io ero giornalista. Sanno tutto su quelle come me. Siamo schedate. Hanno bruciato i nostri libri, strappato le nostre agende, distrutto i nostri computer, i telefoni, persino le radio e i televisori. Temono che di nascosto possiamo trasmettere alle nostre figlie e alle nostre nipoti gli strumenti della conoscenza, la memoria del passato, il nostro sapere. Hanno ragione. Da oltre trent’anni istruisco le piccole schiave che incontro sul mio cammino. Piango per loro perché so che uscire dall’ignoranza le farà soffrire, le condurrà su una strada di dolore e ribellione dalla quale non c’è ritorno. 

È l’incipit di Quando potevamo ballare per strada, romanzo scritto subito dopo i tragici attentati del 2001 e per molti anni custodito in un cassetto dall’autrice, ovvero dalla sottoscritta. Per me, che su questo blog ho recensito decine di romanzi e ho avuto la fortuna di intervistare molti degli autori degli stessi, è decisamente strano scrivere di un’opera che mi appartiene. Ma non potevo evitare di confrontarmi con i lettori. Così, eccomi qui con questa sorta di auto recensione che attende con piacere i commenti di chi vorrà scegliere Quando potevamo ballare per strada come sua prossima lettura.

Quando potevamo ballare per strada

Un romanzo d’amore in un contesto distopico

Questo è ciò che si trova sulla quarta di copertina: anno 2058, da oltre trent’anni la terra è in mano a un gruppo di fanatici integralisti divisi in mille tribù e sette, ma riunito sotto la bandiera del Sacro Impero Hashim. Le leggi sono dure e crudeli, le donne sono schiave invisibili nei loro vestiti che le coprono da capo a piedi, i libri e la musica sono proibiti e il pianeta è regredito di mille anni dopo le devastazioni di una rovinosa guerra nucleare.

Nascosta nella cantina della sua povera casa e a rischio della vita, Giulia, un’anziana che aveva poco più di vent’anni alle soglie del secondo millennio, ogni notte scrive le sue memorie nella speranza di lasciare ai posteri la testimonianza di una civiltà ormai perduta.

Tra misteriosi racconti, amori tormentati e una brillante carriera tra Milano e New York, Giulia rivela la dolcezza della vita passata, che si scontra con la brutalità di un presente in cui sopravvivere non è mai scontato.

Fantapolitica, memorie e sentimento

E adesso cercherò di non vestire i panni di Patrizia La Daga scrittrice, ma solo quelli della giornalista e soprattutto avida lettrice, a  cui piace recensire romanzi. Proviamo:

In Quando potevamo ballare per strada fantapolitica, memoire e sentimento si fondono dando origine a una lettura che crea suspense da un lato e un forte coinvolgimento emotivo dall’altro. L’alternanza tra passato e presente, che caratterizza tutto il romanzo, contribuisce a mantenere viva la tensione del lettore trascinandolo, capitolo dopo capitolo, da una realtà conosciuta e confortevole a un mondo crudele e oscuro. I personaggi principali di Quando potevamo ballare per strada, Giulia, la voce narrante e Leonardo, uomo perdutamente innamorato, hanno entrambi personalità dai tratti decisi e il loro agire è quello degli eroi comuni che, guidati da valori irrinunciabili, a piccoli passi, scalano montagne.

L’autrice in ogni pagina punta a dare voce alle passioni che agitano gli animi dei suoi protagonisti, sentimenti e pulsioni che oltrepassano le pagine del libro per raggiungere direttamente il cuore del lettore

 L’amore come motore di ogni cosa

Motore del romanzo è l’amore in tutte le sue declinazioni, in primis quello per la libertà, un ideale che in Quando potevamo ballare per strada è sempre presente, nelle scelte individuali come in quelle collettive, un ideale per cui vale sempre la pena di mettersi in gioco, anche a rischio della vita. Un  sentimento potente e incorruttibile, che diventa ancora più forte nelle avversità.

Il diario di Giulia è l’estremo tentativo di una donna, ormai anziana e ferita dalla vita, di ritrovare la gioia provata in gioventù proprio grazie all’amore, nato in un’epoca in cui a un uomo e a una donna, in Occidente, era consentito passeggiare per mano, ascoltare musica o ballare per strada, come recita il titolo del romanzo. Un’epoca, quella di fine novecento e dei primi anni del duemila, caratterizzata da tensioni sociali, nazionalismi e populismi che, nell’immaginario dell’autrice, hanno portato le nazioni occidentali a sottovalutare per troppo tempo il pericolo del fanatismo religioso. Recita un passaggio del libro:

Nessuno si fidava più delle persone con cui aveva vissuto per anni, in pace. Tutti avevano un motivo per odiare e per temere. Poi giunse la notte nera. Non fu una guerra. In guerra si combatte. Noi semplicemente svanimmo. Oggi la politica non esiste. La nostra vita è regolata da norme che ci sono state insegnate col bastone e che vengono spacciate come volere divino.

Quando potevamo ballare per strada è un libro che si legge come un giallo, emoziona come un romanzo d’amore e fa riflettere chi non vuole vivere passivamente questi anni di grandi crisi e di conflitti. Un romanzo di contrasti, capace di far sognare e allo stesso tempo generare sgomento, di narrare l’amore senza rinunciare alla critica sociale.

Grazie in anticipo a chi lo leggerà e vorrà farmi sapere cosa ne pensa.

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