Quando i bambini piangono in TV

Quando i bambini piangono in TV

Leggo di una bambina in lacrime nel corso del programma televisivo “Ti lascio una canzone” in onda su Raiuno lo scorso sabato sera. Motivo del pianto dell’undicenne aspirante popstar sono state le critiche della giuria, che ha sottolineato qualche imperfezione nell’esecuzione canora della ragazzina, difesa però dal direttore d’orchestra che ha polemizzato con i giurati. Nel bel mezzo della discussione è arrivato il pianto della baby-cantante, tradita forse da troppa emozione. Alla conduttrice Antonella Clerici, non è rimasto che tentare di consolare la ragazzina e accompagnarla dietro le quinte.

Un fatto non grave in sé, ma che non può non far riflettere sull’uso spregiudicato dell’infanzia a fini dell’intrattenimento. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le partecipazioni di minori ai programmi di scouting per qualsiasi tipo di attività: sport, danza, recitazione, canto, imitazione. I bambini fanno audience e sempre più genitori sembrano felici di inviare i pargoli davanti alle telecamere ad esibirsi. Ma le leggi del mercato sono spietate così, se all’inizio i programmi si limitavano alla passerella di pseudotalenti, adesso copiano i format degli adulti, quelli con la giuria, i voti e le critiche che fanno piangere, quindi vendere più pubblicità.

Il cantante Pupo, tra i giurati della trasmissione sotto accusa, ha dichiarato che il “pianto è pedagogico” (sarà il nome d’arte a farne un esperto di bambini?), come dire che in fondo un brutto voto non può fare danni. Forse, se quella bimba fosse stata sua figlia non sarebbe stato della stessa opinione.

Ma il punto non è dare o no voti ai baby-concorrenti, bensì capire che certe gare canore non hanno nessuna ragion d’essere se non quella di soddisfare l’ego di genitori frustrati che sognano un futuro da star per i loro figlioli.

Come madre mi indigna questa smania di notorietà che obbliga i bambini a confrontarsi con soglie emotive non sempre alla loro portata e m’infastidiscono le giustificazioni pedagogiche di chi sostiene che ciò che non uccide fortifica.

La vita è di per sé piena di ostacoli ai quali i nostri figli dovranno volenti o nolenti far fronte, ma metterglieli tra i piedi gratuitamente nella prima infanzia solo per vantarsi con gli amici della loro bravura mi pare un’inutile bestialità.

Era peggio quando i bambini lavoravano nei campi o in fabbrica, ha obiettato ieri un amico parlando del tema. Certo, era peggio. E ancora oggi milioni di bambini sono vittime di soprusi, fame guerre e malattie. Il peggio è intorno a noi.

Non per questo dobbiamo tollerare le lacrime di una bimba che credeva di cantare come nessuna e ha scoperto di essere una delle tante. Le illusioni della vita sono così poche e brevi che i genitori, invece di iscriverla alla trasmissione, avrebbero fatto bene a lasciarle godere la sua ancora un po’ di anni.

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