Le opportunità vanno prese al…Volo.

Le opportunità vanno prese al…Volo.

Sì, lo so, ne parlano tutti. Che cosa si può dire ancora sul personaggio italiano più letto, ascoltato, visto, lodato e criticato degli ultimi tempi? Poco, probabilmente, perché su Fabio Volo si è scritto e detto proprio di tutto. Tanta popolarità mi ha però rammentato un episodio di qualche anno fa, quando l’eclettico Fabio era in pieno decollo verso il Volo di oggi. L’ex iena, ormai affermato anche come scrittore, nel 2006 si trasferì per qualche tempo a Barcellona, la mia città adottiva, per condurre la trasmissione televisiva “Italo Spagnolo” sulle frequenze di MTV.

Il programma, trasmesso da uno splendido appartamento con terrazza panoramica affacciata sulla Rambla, raccontava la Spagna da poco entrata nell’era zapaterista, con i suoi matrimoni gay, il boom immobiliare le grandi opportunità di lavoro per i giovani di ogni nazionalità. Ma più di tutto parlava di una città in cui l’energia sembrava vibrare in ogni angolo, dal chiringuito sulla spiaggia alle guglie della Sagrada Familia. Mi viene da chiedermi dove sia finita quella Barcellona e, soprattutto, se sia mai davvero esistita. Di questo non mancherò di scrivere in futuro, se ne ho parlato adesso è perché il grande successo di Fabio Volo mi ha fatto riflettere sul tema delle opportunità.

All’epoca del suo programma barcellonese io vivevo nella città catalana ormai da diversi anni e i miei figli erano entrambi ancora molto piccoli. Ero alla ricerca di una nuova identità professionale che mi desse le stesse soddisfazioni di quelle che avevo avuto nella prima parte della mia esistenza, quando il lavoro di giornalista riempiva ogni minuto della mia vita, le giornate non avevano orari e non dovevo cercare una babysitter per andare a una conferenza stampa o registrare un’intervista a tarda sera. A quel tempo Barcellona stava diventando di moda tra i giovani italiani e pensai che dedicare una trasmissione alla città sarebbe stata un’idea interessante. Buttai giù quattro note, spunti su cui sviluppare un format da presentare a qualche emittente italiana, in fondo qualche vecchio contatto mi era rimasto nonostante la lontananza dal mondo dei media di casa nostra ma… mentre io ci pensavo, Fabio Volo lo stava già facendo.

Morale: il mondo è pieno di gente con belle idee che qualcun altro realizzerà. Il vecchio proverbio secondo cui tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare mai mi parve più azzeccato.

Ci sono tante persone che si lamentano ma non agiscono in modo rapido e concreto. Sarò crudele ma credo poco ai grandi geni incompresi. Fare emergere il talento non è mai cosa facile, specie in un paese dove Steve Jobs probabilmente non sarebbe diventato quello che sappiamo, ma ho visto troppo spesso gente arrendersi prima ancora di averci tentato e non mi riferisco soltanto a coloro che sognano di pubblicare un libro (ai quali consiglieri di leggere il post sulle porte in faccia agli scrittori di successo). Penso soprattutto ai tanti giovani che hanno fatto piazza pulita delle ambizioni e si limitano ad attendere che qualcosa cambi. Senza sogni non cambia mai nulla. Conosco ventenni e trentenni che hanno rifiutato opportunità che io alla loro età avrei supplicato per avere. E questo perché non erano perfettamente in linea con le loro abitudini di vita, gli amici, la ragazza. In attesa dell'”offerta perfetta” il treno è passato.

Di Fabio Volo, che non conosco di persona, ho letto un paio di libri che ho trovato molto furbi, direi nazionalpopolari quanto gli spaghetti al pomodoro, una sorta di fotoromanzi moderni senza foto, ho visto una puntata del suo “Volo in diretta” su Rai3 che non mi ha particolarmente divertita e di lui so solo quello che scrivono i colleghi, in genere poco propensi alle lodi nei suoi confronti.  Mediocre è la parola che più spesso ho ascoltato riferita al suo nome, eppure la sua stella brilla da tempo più di molte altre. Come mai?

La storia di questo ragazzo mi parla di una persona a cui non fa paura mettersi in gioco anche a costo di ricevere pesanti rifiuti. Se il figlio di un panettiere può diventare uno dei personaggi pubblici più conosciuti del Paese vuol dire che anche in Italia, terra non idilliaca per i giovani intraprendenti, qualcosa ancora si può fare. Fortuna? Probabilmente sì, ma aiutata anche da una buona dose di spirito d’iniziativa, determinazione, faccia tosta, testardaggine e più tardi da un’intelligente strategia di marketing legata  a un nome che ben si presta alle manipolazioni televisive e radiofoniche.

Le critiche? Fanno parte del gioco. Meglio avere decine di recensioni che ti accusano di scrivere libri uguali a uova di cioccolato, belli fuori e vuoti dentro, e venderne sei milioni di copie, piuttosto che godere del favore dei critici e portarsi a casa l’invenduto. I suoi editori gongolano e mi auguro che il denaro che Volo porta nelle loro casse venga almeno reinvestito per pubblicare scrittori di talento. Sia chiaro, io non difendo il modello di non-letteratura promosso da Volo, bensì lodo la sua capacità di essere sempre nel posto giusto al momento giusto.

Come lettrice appassionata, non posso perdonare a Fabio Volo (e ai suoi editori) d’ignorare l’esistenza del punto e virgola e delle subordinate, di farcire di sesso pagine che servono solo a fare volume e di ricorrere a metafore complesse quanto i pensierini di mia figlia in seconda elementare, tuttavia riconosco in questo “ragazzo della porta accanto” il potere di fungere da modello per molti giovani di casa nostra. E mi sembra ci sia molto bisogno di un modello di successo che sia alla portata di tutti, che dimostri che di soli sogni non si vive, ma che bisogna alzarsi la mattina e rimboccarsi le maniche. Questo gli va riconosciuto. Fermo, con le mani in mano, non è mai stato.

È da vent’anni che sento persone lamentarsi e accusare il mondo intero dei propri fallimenti, ma se poi domandi loro cosa hanno fatto per realizzare i propri obiettivi la risposta è sempre vaga.

“Si devono pur sopportare dei bruchi se si vogliono vedere le farfalle…” scriveva Antoine de Saint Exupéry e aveva ragione.

In giro c’è gente che crede di essere nata già farfalla, ma poi prova a volare e si schianta.

7 Comments

  1. Avatar
    Elena Benedetti Marzo 29, 2012

    E’ proprio vero, Partizia. Uno dei messaggi di questo articolo si intreccia profondamente con quello delle “Porte in faccia agli scrittori di successo”. “L’unico modo per essere certi di fallire è smettere di provarci”. Ce lo dimostrano gli scrittori che prima di raggiungere la fama hanno lottato caparbiamente, quelle persone accettano sfide difficili e intraprendono strade che li costringono a rinunciare alle loro comodità, alle loro abitudini, in vista di quella che sembra una opportunità, una svolta. Anche Fabio Volo ce lo dimostra, nel suo modo spesso ironico, un pò canzonatorio, ma credo possa essere anche lui un esempio per certi giovani d’oggi, che, come noti tu, perdono sconsideratamente treni che non passeranno mai più.

  2. Avatar
    @Qfwfq_ Maggio 22, 2012

    Condivido al 100% -1% quello che sostieni. Se quello di Fabio Volo è l’archetipo di una certo atteggiamento mentale che fatica ad affermarsi (contrariamente, e in fondo paradossalmente, no? rispetto ai suoi libri), non vorrei mai fosse considerato “il modello” da seguire. Sarebbe come dire ad una ragazza in vista di un colloquio di lavoro: presentati senza mutande, con spacco inguinale e farfallina, tatuata o meno, a vista.
    Cogliere le possibilità “al volo”, essere più duttili e meno aggrappati a schemi apparentemente sicuri è imperativo, come dici tu, meglio che piangersi addosso, ma per favore non promuoviamo la mediocrità! Non buttarsi a fare tutto pur di fare qualcosa senza saperlo fare, altrimenti ci ritroveremo con sarti improvvisati chirurghi perchè non trovando di meglio da fare un giorno si sono detti: ” Ma sì, in fondo è quasi la stessa cosa, sempre di tagliare e cucire si tratta..” .

    • Avatar
      Patrizia La Daga Maggio 22, 2012

      Grazie per il tuo commento che trovo sensato nonostante l’uso di paragoni estremi che non ritengo totalmente compatibili con il caso Volo. Lungi da me promuovere la mediocrità, ciò che sottolineo è lo spirito di iniziativa, la determinazione, la costanza, il credo, (in sintesi la voglia di lavorare) tutti fattori senza i quali qualsiasi talento, anche il più geniale, resta in panchina. Il rischio di trovare medici improvvisati, per citare il tuo esempio, fortunatamente, credo sia molto ridotto grazie a una selezione fatta da studi ed esami che dovrebbero garantire competenza. Per gli scrittori e i presentatori televisivi, invece, decide il mercato. Se non ti piace quello che dice Volo non compri i suoi libri e non segui le sue trasmissioni. Altro discorso, che richiederebbe un trattato, è l’educazione culturale degli italiani che acquistano libri commerciali e mediocri. Ma non sarà tutta colpa di Volo, no?
      Per dovere professionale in questi anni ho avuto modo di frequentare tanti giovani e, con rammarico, ho visto ragazzi con condizioni di partenza ben più favoroveli di quelle di un panettiere, arrendersi alle prime difficoltà o rifiutare occasioni che avrebbero potuto cambiare loro la vita. Rimboccarsi le maniche, fare sacrifici, non arrendersi, sembrano ormai frasi fuori moda (con le dovute eccezioni visto che generalizzare non è mai bene). Questo è il vero messaggio che vorrei trasparisse dal mio articolo. Le cose facili, ottenute con i tatuaggi e gli spacchi inguinali, non sono certo le opportunità a cui mi riferisco. Il modello, insomma, non è il Volo o la Belen di turno, il modello è lo spirito con cui affrontare le cose. Dare per scontato che solo “gli altri” ce la possono fare è una sconfitta già scritta.

  3. Avatar
    @Qfwfq_ Maggio 23, 2012

    Hai ragione: ho adoperato paragoni estremi e anche fondamentalmente inappropriati.
    Il modello Volo è più che accettabile nei termini in cui lo proponi tu, applicabile e auspicabile…. eccetto, perdonami, in campo editoriale dove, invece, la mediocrità dilaga a scapito di tanti talenti sommersi le cui opere non solo non trovano spazio ma talvolta nemmeno vengono prese in considerazione.
    Ancora una volta, hai pienamente ragione: la colpa non è tutta di Fabio Volo (sarebbe una generalizzazione eccessiva), è del mercato e di certi lettori. Ma mi dispiace perchè ci sono tanti scrittori più bravi ma che restano al palo o attraversano odissee impossibili. Li definisco scrittori anche se non hanno mai pubblicato e mi permetto di farlo da semi addetta ai lavori, visto che, tra le altre cose, sono lettrice di inediti per una piccola casa editrice di cui non faccio il nome perchè è tra quelle a pagamento, ma come dici tu: se è questa l’opportunità che mi è stata offerta con quale diritto fare tanto la schizzinosa? Mi sforzo, semmai, di farlo con quanto più impegno e serietà conosco. Tuttavia è davve ro deprimente talvolta essere costretta a rifiutare lavori secondo me validi ma che per il mio capo non avrebbero mercato

    • Avatar
      Patrizia La Daga Maggio 23, 2012

      Sono d’accordo con te quando parli del campo editoriale, infatti lo avevo lasciato al margine perché richiede un discorso più ampio sull’educazione culturale dei lettori. Che ci siano tanti bravi scrittori che nessuno ha scoperto e forse mai nessuno scoprirà è un dato di fatto, anche se credo che lo stesso valga per molti musicisti, cantanti, attori. A volte la differenza la fa proprio la perseveranza, il non arrendersi. A volte, temo, non basta nemmeno quella. Comprendo il tuo sconforto quando ti trovi di fronte a un buon lavoro che devi rifiutare. Quello che farei io, al tuo posto, è convincere l’autore respinto a non scoraggiarsi e a presentare la sua opera ad altre case editrici, meglio se non a pagamento. Una complimento a volte basta per evitare che un ottimo manoscritto finisca per sempre rinchiuso in un cassetto. Buon lavoro.

  4. Avatar
    @Qfwfq_ Maggio 23, 2012

    Vorrei poterlo fare, ma le schede di valutazione devono, almeno nel mio caso specifico, essere anonime come anonimi sono i dattiloscritti che ci arrivano in lettura. L’editoria a pagamento non si smentisce mai, eh?
    Comunque, bel blog il tuo 🙂

    • Avatar
      Patrizia La Daga Maggio 23, 2012

      Peccato, non avevo idea delle regole dell’editoria a pagamento. Veramente un modo per sprecare talenti… Grazie per il complimeto, mi ha fatto molto piacere il nostro scambio di opinioni. Torna a trovarmi quando vuoi. Sarai sempre la benvenuta. 🙂

Fai clic qui per annullare la risposta.

<<