Intervista a Melania Mazzucco: pazienza e umiltà le doti per diventare scrittori

Intervista a Melania Mazzucco: pazienza e umiltà le doti per diventare scrittori

DSC_0767Melania Mazzucco è una delle scrittrici italiane più apprezzate nel mondo, i suoi libri mettono d’accordo critica e pubblico e sono unanimemente considerati un orgoglio per la letteratura nazionale, oltre che un grande piacere per i lettori.

In Spagna, poche settimane fa, la casa editrice Anagrama ha pubblicato Limbo, il penultimo romanzo di Melania Mazzucco (in libreria per Einaudi nel nostro Paese), vincitore del Bottari Lattes Grinzane 2013, mentre in questi mesi nelle librerie italiane si promuove l’ultimo lavoro della scrittrice, Sei come sei (sempre Einaudi), romanzo dedicato a una bambina che cresce con una coppia di omosessuali.

Ho incontrato Melania Mazzucco in occasione della conferenza stampa di presentazione di Limbo all’Istituto Italiano di Cultura di Barcellona, una conversazione istruttiva e molto piacevole, anche per la generosa oratoria della scrittrice, con la quale ci si potrebbe intrattenere per ore. Esattamente come con i suoi romanzi. Una donna con tante idee e talento in abbondanza per raccontarle.

Melania, tu hai pubblicato molti libri, tradotti in ventidue lingue. Ce n’è uno a cui ti senti più vicina, quello a cui tieni di più o che credi sia il migliore?

È scontato ma vero quello che si dice: per uno scrittore  i libri sono come figli, non puoi amarne uno più dell’altro. Però, posso dire che la biografia del Tintoretto (Jacomo Tintoretto e i suoi figli – Rizzoli, ndr) è il mio “libro sacro”; ci ho messo dieci anni a scriverlo, ho cambiato città, insomma è stata un’esperienza particolare.

Come e quando è nata in te la passione per la scrittura. Hai sempre desiderato fare la scrittrice? 

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Melania Mazzucco in un momento della conferenza stampa a Barcellona con il suo editore spagnolo Jorge Herralde (a destra nella foto) e l’interprete.

Ci sono stati momenti alterni. Io non credo a chi dice che nella vita passi un solo treno, le vite sono un po’ tutte a spirale, ci si avvicina e ci si allontana dalle cose. Al centro della mia vita c’è sempre stata la scrittura, almeno da quando ho imparato a leggere. Tanto amavo leggere, tanto amavo raccontare, magari all’inizio solo a voce. Poi, a volte, la vita ti porta a percorrere altre strade. A dieci anni nei temi della scuola dicevo che avrei fatto la scrittrice, a quattordici avevo già scritto sette romanzi ma dopo, per un lungo periodo, ho pensato che la vita di scrittore non facesse per me. Io sono una persona “fatta d’aria” e avrei unito il mio essere così “aerea” a una vita che lo era ancora di più. Ho pensato che avrei dovuto fare un lavoro più concreto, magari la scienziata.

Qual è la cosa più bella e quale quella più brutta della scrittura?

La cosa più bella è il senso del tempo, ovvero quella sensazione che si prova quando scrivi ciò che vuoi davvero scrivere, quando il personaggio prende vita e riesci a evocare il mondo che vuoi, ci sei proprio dentro, sei “al centro del tuo tempo”. È difficile spiegarlo, ma la scrittura è puro piacere in quel momento.

La cosa brutta è la “nudità”, nel senso che lo scrittore è molto fragile, espone le sue idee e sa che i lettori lo conoscono veramente. I lettori mi danno sempre del tu quando mi incontrano…

In Italia si parla spesso di discriminazione tra scrittrici e scrittori. Tu credi che le donne siano penalizzate nel nostro Paese anche nella letteratura?

Sì, mi sono resa conto che anche in questo settore c’è ancora molto da fare. Le conquiste in questo campo non si consolidano mai. Quello che si era ottenuto anni fa, se si abbassa la guardia, si può perdere oggi. Io ho una soglia di attenzione molto alta in questo senso, faccio di tutto per sostenere le scrittrici quando mi capita l’occasione, perché io stessa mi sono trovata ad essere oggetto di pregiudizi e stereotipi. Dobbiamo di certo continuare a parlarne.

Patrizia La Daga e Melania MazzuccoOggi, sempre di più, il mestiere di scrivere implica saper presentare il proprio lavoro al pubblico. Come vivi questa parte della tua professione?

Questa è stata la sorpresa più grande per me. Io non ero mai stata a una presentazione di un libro, non sapevo nemmeno che si facessero perciò, quando pubblicarono il mio primo romanzo e l’editore organizzò le presentazioni, fu quasi un trauma. Io ero, anzi, credevo di essere, una persona molto timida, nemmeno a scuola avevo mai parlato in pubblico e affrontai le prime presentazioni con molto timore. Poi mi accorsi che erano una cosa fantastica perché mi davano il privilegio di “guardare oltre il libro”. Chi viene a un incontro in genere ha già letto il romanzo, quindi è come se tu materializzassi le persone per cui scrivi nel silenzio, nella solitudine delle notti folli al computer. È un opportunità, la stessa che hanno i lettori di vedere se lo scrittore assomiglia ai suoi libri oppure no, perché non è sempre detto. È bellissimo vedere, specie nelle presentazioni all’estero, persone con un’ètà, una cultura e una vita diversa dalla tua che hanno letto il tuo libro e scoprire che ci hanno trovato le stesse cose che hai trovato tu, scrivendolo. È una delle grandi soddisfazioni di questo mestiere.

Un consiglio per chi sogna di diventare scrittore?

Io non vorrei sembrare una persona saggia perché non lo sono per niente e non ho consigli speciali, però posso dire quali sono le doti che ritengo utili per questo mestiere. La prima è  la pazienza. Io ero una persona impaziente, però mi sono resa conto che ci vuole tempo per trovare le persone con cui fare le cose. Questo vale nella letteratura, ma anche nella vita. A volte consegni il tuo libro a cinquanta editori e nessuno lo legge, bisogna avere la pazienza e la forza di resistere anche all’indifferenza che, lo so, è terribile, ma se il libro c’è, prima o poi qualcuno lo leggerà. La seconda cosa è l’umiltà. Io vedo tanta ambizione ma poca umiltà in giro. Bisogna riscrivere molto, bisogna pensare che quello abbiamo scritto magari è solo un germe del libro possibile, ma non un capolavoro, bisogna far capire che la scrittura è anche una fatica, è un lavoro su se stessi che si fa per perfezionarsi. Infine, la fortuna. Tanta fortuna. Nella vita serve, non c’è dubbio.

Ci sono scrittori delle nuove generazioni che apprezzi?

Sì, ho seguito con piacere vari inizi tra cui Paolo di Paolo, Paolo Sortino, Elisa Ruotolo e Chiara Valerio. Ho fiducia in questi nomi, credo siano “belle teste”.

Stai già preparando un nuovo libro?

Per me un libro nasce sempre da anni di pensieri, non vengo posseduta all’improvviso dall’ispirazione. Ora ho due temi a cui lavoro già da anni. Uno è di ricerca storica, l’altro è un romanzo, una vicenda che sto cercando di mettere a fuoco.

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1 Comment

  1. Avatar
    Antonella Berardi Febbraio 21, 2017

    Ho letto tutto di lei.sono entusiasta dei suoi libri penso che sia unapersona straordinaria e sono felice di avere letto Vita e di avere cercato sue notizie di avere visto le sue foto e di avere letto tutti gli altri suoi libri

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