Il dopo elezioni in Catalogna. Parlano gli scrittori
I catalani, è cosa nota, domenica 27 settembre hanno votato. Il risultato, come spesso accade in politica, è che tutti hanno vinto. Anche se la matematica non è un’opinione (47,8,% di voti a favore della coalizione indipendentista e 52,2% per i partiti antinazionalisti), quando c’è di mezzo il potere, da mantenere o da conquistare, tutto diventa relativo. E così, nonostante l’inferiorità numerica dei voti, Junt pel sì, il blocco separatista, ha ottenuto più seggi in Parlamento (62) e, con il supporto di Cup, (partito anticapitalista che appoggia il movimento separatista) che ne ha ottenuti 10, raggiunge e supera la maggioranza assoluta (68).
Questo, in sintesi, il quadro post elettorale che, come è facile intuire, genera grandi insicurezze. Se il voto avesse sancito una maggioranza chiara da una parte o dall’altra, tutto sarebbe stato più semplice, ma la frattura della società catalana è tanto netta da far pensare che sarà difficile, vada come vada, ricucire le ferite. Anche perché, da Madrid, Rajoy si è affrettato a precisare che è disposto al dialogo, sempre che non si parli di indipendenza…
A complicare la situazione c’è la posizione del Presidente della Generalitat, Artur Mas, promotore del processo separatista, che Junt pel sì vuole assolutamente confermare alla guida del nuovo governo. Mas, subito dopo le elezioni, è stato imputato dal Tribunale di giustizia della Catalogna per i reati di disobbedienza grave, prevaricazione, malversazione e usurpazione di funzioni in riferimento all’organizzazione del referendum del 9 novembre scorso, dichiarato poi illegale.
La testimonianza di Mas è attesa per il 15 di ottobre e il processo potrebbe allungarsi fino alla prossima primavera. Il Presidente rischia l’inabilitazione dalle cariche pubbliche tra sei mesi e due anni, il che contribuisce a indebolire la sua posizione. Nemmeno l’alleato Cup, che è la chiave per poter governare in Parlamento (nonostante si tratti di un movimento della sinistra radicale anti-sistema), rende facile la vita a Mas poiché i suoi dirigenti pretendono che rinunci al ruolo di Presidente della Generalitat. Nonostante tutto ciò, lo schieramento indipendentista si dice deciso ad andare avanti, costi quel che costi.
Parlano gli scrittori
Fino a qui i dati di fatto e le questioni irrisolte.
Ma come ha reagito il mondo intellettuale spagnolo e catalano di fronte allo scenario post-elettorale? Nei mesi precedenti le elezioni il mondo culturale aveva fatto sentire la sua voce con manifesti pro o contro l’indipendenza in cui comparivano nomi di fama. Tra questi c’era l’appello antinazionalista sottoscritto da una ventina di intellettuali, tra cui spiccano il filosofo Fernando Savater e il Premio Nobel Mario Vargas Llosa:
L’indipendenza sarebbe una vera catastrofe per la Catalogna che passerebbe a essere un piccolo paese emarginato fuori dall’Europa, dall’euro e governato da fanatici
aveva tuonato Vargas LLosa durante un evento pubblico.
La visione catastrofista non è per nulla condivisa da molti scrittori catalani che non hanno mai fatto mistero di essere a favore dell’indipendenza. Tra questi c’è Jaume Cabré (Io confesso – Rizzoli- il suo ultimo romanzo), che a Leultime20, dopo le elezioni ha detto:
Per quanto lungo e difficile possa essere il cammino verso l’indipendenza, il mio è un sostegno totale a questo processo. Perché è il mio sogno, come è il sogno di tanta gente da molte generazioni; ed è il sogno di molti giovani catalani, nonostante il governo spagnolo non voglia riconoscerlo e avveleni l’ambiente con menzogne diffuse dalla stampa statale. Seguo con ammirazione l’atteggiamento determinato, pacifico e democratico con cui si sta realizzando questo entusiasmante processo verso una repubblica libera.
Dello stesso avviso la giornalista radiofonica e scrittrice Blanca Busquets, (autrice del bel romanzo L’ultima neve di primavera), che ha commentato con queste parole il risultato elettorale:
La Catalogna ha risposto nell’unico modo possibile. Se il governo di Madrid avesse negoziato e tollerato un referendum forse non saremmo arrivati fino a qui. Invece ha calpestato e disprezzato i nostri segni di identità: la cultura, la lingua, le istituzioni. Ha tirato tanto la corda, che alla fine si è rotta. Sono convinta che questo sia il primo passo verso l’indipendenza e che non si possa più tornare indietro.
Molto meno serena la valutazione post-elettorale dello scrittore catalano più letto nel
mondo, Ildefonso Falcones, che si dice visibilmente preoccupato per la gravità della situazione:
I bambini discutono a scuola, nelle riunioni festive o meno l’indipendenza è un tema infuocato che provoca discusioni; conosco famiglie che hanno smesso di vedersi per questo motivo. La frattura sociale si vive, si sente e crea problemi.
Falcones, che oltre a essere scrittore è un noto avvocato civilista, si pone la domanda del perché e soprattutto di chi fissa la percentuale di voti attraverso cui un popolo può decidere di cambiare tanto drasticamente la sua forma di governo:
Ricordiamo che per modificare lo Statuto della Catalogna e per altre decisioni di scarsa rilevanza, confrontate con l’importanza di un processo indipendentista, si richiede la maggioranza qualificata. Perciò ci sono molte questioni da chiarire prima di indicare che un 52% o un 48% abbia votato o no a favore dell’indipendenza…
La tensione è palpabile tra tutti coloro che non hanno sostenuto il processo indipendentista, molti imprenditori hanno spostato le sedi delle loro aziende altrove, altri minacciano di farlo e tra gli stranieri residenti c’è chi pensa ad andarsene in caso la situazione diventasse troppo pesante. In Europa, in passato, non sono mancate le rivoluzioni separatiste finite nel sangue e, anche se pochi credono che si possa arrivare a tanto, l’incertezza spaventa. Che cosa accadrà, dunque?
È la domanda che mi fanno i miei figli e non so cosa rispondere loro. L’unica cosa che so per certo è che quello che sta accadendo non è uno scherzo, ne una strategia, come dicono alcuni, per fare pressioni sul governo di Madrid. Questo è qualcosa di trascendentale che non è stato soppesato a dovere, né affrontato con la necessaria serietà dalle forze politiche, sociali e finanziarie. Gli indipendentisti non cederanno nei loro propositi. Che cosa succederà? Lo ignoro.
Le parole di Falcones rispecchiano quelle ascoltate tante volte nelle conversazioni tra cittadini non indipendentisti. Di certo c’è solo che qualcosa dovrà cambiare. Viene da pensare che se le elezioni generali previste per il 20 dicembre facessero uscire di scena i due principali interlocutori del conflitto, Mas e Rajoy, forse qualcosa potrebbe cominciare a muoversi. Forse…
Potrebbero anche interessarti questi post:
27 settembre, il voto catalano che vuole spaccare la spagna. Le voci degli anti-indipendentisti
Catalogna: indipendenza si o no? Tutto sul referendum del 9 novembre
Catalogna: il finto referendum del 9 novembre
Il voto in Catalogna. La frenata del nazionalismo
Barcellona, la Catalogna e la voglia di indipendenza
2 Comments