“Lacci” di Domenico Starnone. Quando la famiglia è una prigione.
Quanto male possono farsi gli esseri umani quando smettono di amarsi? Tanto, tantissimo è la risposta che Domenico Starnone, già vincitore nel 2001 del Premio Strega con Via Gemito, sembra dare ai lettori del suo ultimo romanzo, Lacci, pubblicato da Einaudi.
Il libro ha per protagonista una coppia convolata a nozze nei primi anni sessanta, un matrimonio da cui sono nati due figli, una famiglia come tante che, proprio come tante, un giorno viene travolta dall’abbandono da parte del marito, invaghitosi di un’altra donna.
Narrato a tre voci, la moglie che si ritrova ad allevare da sola i figli, il fedifrago immaturo e impenitente e la figlia minore, cresciuta senza un padre e con una madre rancorosa, Lacci è un romanzo di un’autenticità disarmante.
Starnone riesce a calarsi nei panni dei suoi personaggi senza tentennamenti e sbavature e racconta con schiettezza ogni loro sentimento, dalla separazione fino alla riconciliazione dei coniugi che, come spesso accade, non è motivata dall’amore ma dalla comodità e dal desiderio di una vecchiaia improntata al quieto vivere.
Segreti, rancori taciuti, vuoti incolmabili e ferite dell’animo per sempre infette fanno da contorno a questa storia di ordinaria crudeltà quotidiana.
Lacci si chiude con un finale a sorpresa, geniale e liberatorio, pagine che sconcertano il lettore e gli strappano perfino un sorriso compiaciuto. Un libro che smentisce chi pensa che sulla famiglia e sulle sulle relazioni umane tutto sia stato già scritto.