Copenhagen, le virtù della Sirenetta
Sono reduce da un breve soggiorno a Copenhagen, città in cui non ero mai stata e che mi ha piacevolmente impressionato non solo per la bellezza dei suoi palazzi, dei suoi canali e dei suoi parchi. A stimolare la voglia di raccontare questa vacanza è stato l’impatto con un popolo e una civiltà, quella danese, della quale avevo solo qualche notizia raccolta qua e là attraverso testimonianze di amici o letture su riviste di viaggio.
Che la Danimarca fosse rinomata in Europa per il suo elevato livello di Welfare, specialmente a favore delle donne e della famiglia era risaputo, ma vederlo con i propri occhi, specie per una donna latina è un’altra cosa.
Per le strade di Copenhagen circolano una quantità incredibile di madri con un numero altrettanto strabiliante di figli (biondissimi) al seguito. Le carrozzine sono ovunque e persino le biciclette, usate quasi dalla metà dei cittadini, sono spesso attrezzate con speciali rimorchi nei quali possono viaggiare due bambini comodamente seduti.
La cultura locale non solo favorisce la natalità attraverso incentivi economici, ma fa sì che i padri siano coinvolti attivamente nella cura dei figli. Ne ho la prova appena sbarcata all’aeroporto. In un angolo appositamente attrezzato della toilette delle donne, trovo un ragazzone biondo che sta cambiando il pannolino al suo bambino di pochi mesi. La stessa scena si ripresenta un paio di giorni più tardi nei bagni di un ristorante del centro. Questo non significa che i padri italiani non facciano lo stesso, ho un marito che ha cambiato pannolini e fatto bagnetti in quantità, ma non mi è capitato spesso di vederli in azione fuori dalle mura di casa. Che il macho nostrano ritenga il patello sporco nocivo per la sua virilità?
La lista di fattori di civiltà dei quali noi italiani dovremmo fare tesoro non si esaurisce all’interno dell’ambito familiare.
Il più importante è il rispetto delle regole. Ai danesi trasgredire non piace. Lo si intuisce al primo semaforo, appena usciti dall’hotel per esplorare la città. La strada è deserta, il semaforo è rosso, non si vedono auto in lontananza, ma i ragazzi al nostro fianco non accennano a fare un passo. Solo quando scatta il verde attraversano la strada. E così sarà ad ogni incrocio a tutte le ore del giorno e della notte.
Allo stesso modo le biciclette rispettano la pista ciclabile e i pedoni i marciapiedi a loro dedicati. A lasciarmi senza parole, tuttavia, è la scoperta che la maggior parte delle bici viene lasciata incustodita senza nessun tipo di sicurezza. Niente lucchetti o catene, solo fiducia. In città è anche disponibile un servizio di prestito di biciclette completamente gratuito che funziona con lo stesso sistema dei carrelli del supermercato. Si inserisce una moneta da 20 corone (circa 2 euro e mezzo) nell’apposito contenitore per sbloccare il veicolo e la si riprende a utilizzo terminato.
Anche dal punto di vista tecnologico, per chi come me ha una (sana) dipendenza dai propri Iphone e Ipad, la situazione è piuttosto attraente. Nella maggior parte degli hotel e dei luoghi pubblici, autobus compresi, la connessione WiFi a Internet è gratuita e in alcuni casi addirittura anonima (l’albergo in cui soggiornavo richiedeva solo un nome senza cognome e un’email). Un bel vantaggio.
La città della Sirenetta è tra le più verdi d’Europa e ho potuto constatare che i numerosi parchi, completamente fioriti in questa stagione, sono curati in modo impeccabile. Non una cartaccia fuori dai cestini, le siepi potate a regola d’arte, i prati falciati per ospitare il riposo delle persone che, appena esce un raggio di sole, si armano di plaid e si riversano in massa a mangiare un panino o a schiacciare un pisolino sull’erba anche nei giorni feriali.
Infine i giovani. A Copenhagen la gioventù salta agli occhi. La maggior parte dei dipendenti dei locali pubblici e degli esercizi commerciali è di nazionalità danese e non supera i trent’anni. Ragazze e ragazzi dai modi gentili servono ai tavoli dei ristoranti sempre con un sorriso, la perfetta padronanza dell’inglese li aiuta con i turisti che non faticano a lasciare loro la mancia. In quattro giorni gli unici stranieri che ho visto lavorare nei locali sono gli italiani (affiancati da qualche extracomunitario) delle numerosissime pizzerie sparse per la città. A casa nostra (come in Spagna d’altronde) trovare personale per questo tipo di lavori è sempre più difficile. Questione di denaro. La flessibilità del lavoro in Danimarca è più elevata, ma lo sono anche gli stipendi che possono superare abbondantemente i duemila euro al mese. Merito anche di un sistema fiscale che prevede imposte alte che i Danesi non evadono, in cambio di servizi efficienti.
Un difetto? Probabilmente più di quelli che si possono intuire in soli quattro giorni da turista. La perfezione non è di questo mondo e immagino che anche la bella Danimarca con la sua Regina e le favole di Andersen abbia i suoi grattacapi. Di sicuro ai ragazzi di Copenhagen piace tatuarsi dappertutto, ma soprattutto bere. Passi per la prima abitudine, ognuno è libero di fare del proprio corpo ciò che più desidera, la seconda è un po’ meno tollerabile soprattutto se nella sotto le finestra del tuo albergo va in scena la ballata dei clacson e delle urla da mercato. La birra scorre a fiumi a Copenhagen e già nel tardo pomeriggio del venerdì le zone del porto che brulicano di locali sono un tappeto di lattine e di bottiglie. Come perfetti Dr Jeckyll e Mr Hyde i danesi nel fine settimana si trasformano.
Sarà che rispettare tante regole fa venire voglia di trasgredirle tutte in una volta?
Bellissimo articolo, meglio di uno di quelle riviste tipo Viaggiare o Bell’Europa. forse ne dovresti fondare uno o dare più spazio nel tuo blog ai luoghi da te visitati che mi sembra di capire siano molti.
Accidenti che commento, la citta “perfetta”, alle sei del mattino incontri ragazzi ubriachi che vagano per la citta, il paese è sorvegliato da poliziotti enormi che controllano ogni centimetro di quartiere o strada, odiano a morte turchi polacchi italiani. Copenaghen ha forse (con l’Olanda) il piu’ alto numero di biciclette rubate d’europa, vogliamo parlare dei suicidi, o di come gli Svedesi considerano la Danimarca ? Dimenticavo christiania detta anche citta libera, un bel giro per l’odiato (dai Danesi) quartiere e ti rendi conto che la fetta di torta in vendita non è esattamente composta con ingredienti legali…..
Simpatico racconto che ha verità solo sul finire.
Regards
Vedo che sei un grande esperto di paesi del Nord Europa, ma probabilmente sei un po’ distratto. Nel mio “simpatico racconto”, come lo definisci tu con altrettanta simpatia, non ho mai parlato di città perfetta, nè tanto meno affrontato il tema del tasso di suicidi (per altro inferiore a quello dei paesi del Baltico) che non ha nulla a che vedere con i principi di civiltà a cui ho fatto riferimento. Il post non ha pretese documentaristiche, è semplicemente un diario di viaggio. Ciò che ho scritto è il frutto di quello che ho visto, confermato anche dall’esperienza di altri turisti. I furti di biciclette di cui parli esistono come in ogni paese del mondo, ma è un dato di fatto che la maggior parte delle due ruote viene lasciata incustodita e senza catena. Basta girare per la città e guardarsi in giro. È più facile che spariscano le bici pubbliche gratuite, perchè vengono utilizzate dai turisti che se le “rubano” vicendevolmente durante il giorno, dato che il loro numero è esiguo. Dal momento che la stragrande maggioranza dei danesi possiede una o più biciclette non ha molto senso rubare quella del vicino.
Quanto ai poliziotti-energumeni alle sei del mattino, mi allieta sapere che controllano la città e che tu da bravo viveur hai potuto verificare la loro presenza. Io a quell’ora dormivo. Il fatto che gli svedesi abbiano il dente avvelenato con i danesi non mi stupisce, né mi turba dal momento che in Italia riusciamo a detestarci tra bergamaschi e milanesi o tra romani e napoletani! Le rivalità e le maldicenze, basate spesso su pregiudizi, sono sempre esistite in ogni parte del mondo. Francia e Inghilterra, dopo tante guerre, se ne dicono di tutti i colori ancora oggi, tanto per fare un esempio.
E per finire, Christiania. Ci sono stata, ho visto la “piazza delle erbe” in cui manca la piazza ma di erba ce n’è in abbondanza, ho visto gente di tutte le età camminare come zombie fuori dal tempo, mentre i turisti con le macchine fotografiche passeggiano tra casse di birra, cani randagi e montagne di rifiuti. E dovrei dire che in Danimarca non rispettano le regole perchè hanno permesso la creazione di un quartiere-ghetto di sbandati (che per altro assomiglia più a uno zoo ad uso e consumo dei turisti più che a un quartiere hippy)? Sarebbe come dire che in Italia, dato che esiste la mafia, tutti i cittadini sono mafiosi. Ogni nazione ha i suoi problemi e non è sempre oro quel che luccica, questo è chiaro. Mi sembra di aver ben spiegato che l’eccesso di alcolici è un problema visibile e per nulla banale, ciò non toglie che per quattro giorni di fila io non abbia visto una persona passare col rosso, né un automobilista imprecare contro i ciclisti lentissimi. Odio per gli Italiani? Puo darsi, forse per quelli che rubano le biciclette dei danesi dopo essersi ubriacati… non saprei. Io ho ricevuto solo attenzioni e cortesia. Forse a te è andata meno bene visto l’acidità con cui ne parli.
Tecnicamente, il governo non ha permesso che nascesse e prosperasse Christiania, anzi, sono frequenti i raid della Polizia. Passi in avanti sono stati fatti negli ultimi tempi, con la proposta avanazata ai residenti di acquistare il terreno su cui sorge il quartiere.
In ogni caso, è stato impressionante vedere, alle 8 di sera (a fine Maggio, il sole è ancora alto), persone cadere con la faccia a terra, rialzarsi, per poi cadere nuovamente dopo pochi metri. Insomma, turisticamente può essere interessante visitare Christiania, ma sembra uno zoo…
Non posso che condividere.
Beh no dai, Daniele non è stato acido. Ha solo detto come stanno effettivamente le cose. Per conoscere bene la Danimarca bisogna viverci, e non starci in vacanza per pochi giorni.
È ovvio che se vai lì da turista tutto sembra bello, la gente ti sorride, ti sembra di essere nel paese dei balocchi!
Ma è solo perché sanno che presto andrai via. Diverso è se vai lì a vivere. Posso confermare, per diretta esperienza, che quanto espresso da Daniele è verissimo. L’unica cose di cui la Danimarca può vantarsi è il sistema sociale efficientissimo. Non a caso la Danimarca è il paese in cui si vive meglio, almeno stando ad una recente statistica. Però questo non sempre vale per uno straniero. E poi ci sono molti luoghi comuni riguardo i paesi scandinavi che bisognerebbe una volta per tutte sfatare. Ma sarebbe inutile. L’unico modo per capire è, per ripetermi, andarci a vivere.
Saluti.
La premessa di questo post è che non si tratta di un’analisi sociologica, bensí dell’osservazione diretta durante un breve soggiorno come turista. È evidente che per conoscere un paese bisogna viverci. E a volte non basta nemmeno quello…
Anche Barcellona per gli italiani è il simbolo della movida spagnola e invece la città non ha nulla a che vedere con la Spagna. Neppure la lingua. Ciò non significa che un turista non possa apprezzare i fattori positivi della città.
Mi sembra di aver scritto chiaramente che i difetti di Copenhagen sono probabilmente più di quelli che si possono intuire in soli quattro giorni da turista. Ma è innegabile che i giovani locali lavorino tutti e abbiano stipendi ben più elevati dei nostri anche facendo i camerieri, che le biciclette vengano lasciate senza lucchetto, che al rosso nessuno attraversi la strada e che i parchi siano verdi e curati. E che il sistema sociale funzioni. Tutto qui. Cose che si vedono passeggiando per strada e parlando con la gente.
Le polemiche mi sembrano superflue. Il paese dei balocchi non esiste. E lo sappiamo tutti.