Giacomo Poretti: un vaso di gerani pieno di ricordi

Giacomo Poretti: un vaso di gerani pieno di ricordi

Ci sono persone che hanno un passato che non ti aspetti. Giacomo Poretti, 56 anni, noto al grande pubblico come Giacomino del famoso trio di attori Aldo, Giovanni e Giacomo, è una di quelle.

Lo si scopre leggendo le pagine di Alto come un vaso di gerani, illuminante titolo del libro autobiografico di Poretti, che Mondadori ha da poco mandato in libreria per la sua collana “Strade Blu”.

Ed è proprio in una saletta di una libreria del centro di Milano che lo incontro in occasione di BookCity 2012, dove è stato invitato a presentare il suo romanzo e dove una folla di lettori lo attende per la tradizionale firma delle copie. I fan si mettono in fila mentre Giacomo, sempre col sorriso sulle labbra, scambia qualche parola con tutti e si presta a farsi fotografare con chi glielo domanda. I modi gentili che ha con le persone sono gli stessi con cui scrive.

Alto come un vaso di gerani racconta, con sorprendente sensibilità e riguardoso umorismo, l’infanzia e la giovinezza del suo autore vissute a Villa Cortese, un paese della provincia milanese che negli anni sessanta “si avvia al boom economico senza sapere che poi niente sarà più come prima”, come si legge nel risvolto di copertina.

Poretti, già editorialista per il quotidiano La Stampa, conferma attraverso le pagine del suo libro di saperci fare con le parole e regala ai lettori uno spaccato di vita delle famiglie operaie dell’epoca, la sua prima tra tutte. La vita modesta di paese e le abitudini ormai scomparse, la passione per l’Inter, il rapporto con la fede, i ricordi della scuola e degli amici, la politica, il lavoro prima in fabbrica e poi in ospedale, sono tutti temi che Poretti affronta con affettuosa partecipazione ma senza scivolare nella nostalgia mielosa.

Tra i temi conduttori del romanzo, la bassa statura del protagonista è uno dei più ricorrenti e l’autore ne approfitta per offrire una chicca motivazionale ai lettori:

Poi verso gli 11-12 anni, alle medie, ho cambiato preghiera, anzi richiesta. Gli chiedevo di farmi diventare alto, glielo chiedevo con tutto il cuore, o forse con tutta la rabbia che avevo nel cuore: fammi diventare alto! Fammi diventare alto! Era insopportabile una vita sotto il metro e cinquanta: i compagni mi deridevano, le compagne mi ignoravano.  (…)

I miracoli bisogna desiderarli, ma soprattutto bisogna avere voglia di realizzarli: noi con Lui, o meglio, Tu con noi. Noi preghiamo, ma forse ancora di più prega Lui, e forse prega così: “Speriamo che capiscano che sono un loro alleato… Ah, quanto vorrei fare delle cose insieme a loro! A proposito, Giacomo, cos’hai chiesto? Alto o grande?”. Il Signore ci ascolta sempre, bisogna solo stare attenti a cosa gli si chiede.

Dopo una breve attesa davanti alla porta chiusa della sala dove l’autore sta registrando l’ennesima intervista, l’addetta stampa di Mondadori mi fa accomodare e finalmente incontro il Poretti “persona”, non l’attore impegnato a far ridere le folle, né lo scrittore che deve vendere un libro appena uscito. Soltanto un uomo dai modi gentili, meno scanzonato di quel che t’immagini e apparentemente non troppo a suo agio nel ruolo del personaggio famoso. Un uomo che nella “lettera a mio figlio” che apre il libro mette subito in chiaro di che pasta sono fatti i suoi sentimenti:

La vita l’ho sentita molto intensamente nel mio corpo, a volte fin troppo intensamente, quasi da provare dolore. E poi lo stupore. Lo stupore di fronte allo sconvolgente mistero della vita, l’inquietudine della coscienza, il pensiero che si fa spavento quando si chiede di cosa sia fatto. Quante corse e quanti spaventi, carissimo figlio. Forse ho sempre dovuto correre veloce per scappare dagli spaventi. Poi un giorno, finalmente, nella mia vita è apparsa tua madre. Fin dal primo istante che l’ho vista ho avuto la sensazione di essere di fronte a qualcosa di definitivo e di immenso: come un corridore che arriva a un punto di ristoro e, bevuta quell’acqua decide di non ripartire, della gara non gli importa più nulla, il suo affannarsi è terminato.

Qual è stato il momento o il fatto scatenante da cui è nata l’idea del libro?

Il romanzo in realtà è nato come un diario intimo per mio figlio. Di fatto, la lettera che apre il libro era l’idea originaria che si è sviluppata fino ad avere la struttura finale. Francesco Anzelmo (direttore editoriale della saggistica di Mondadori, ndr) è stato un grande stimolo perché mi ha incoraggiato a scrivere. Aveva letto cose mie che gli erano piaciute e mi ha spronato a fare del diario un libro.

I fatti e le persone che si narrano nel libro sono tutti reali?

Sì, romanzati, ma reali. Ho cambiato nomi e a volte collocazioni temporali, ma tutte le storie sono realmente accadute.

Il titolo l’ha scelto lei?

No. Però mi è sembrato perfetto, mi è piaciuto subito.

C’è una frase, un personaggio o una pagina del  suo romanzo che le sta più a cuore?

Sì. Tra i personaggi ho una predilezione per Goran e per Alfonsino. E poi mi piacciono le pagine dedicate agli intermezzi sulle stagioni. Forse perché sono le più poetiche, si parla del mistero della vita.

Quale complimento rivolto al suo libro le ha fatto più piacere?

Mi hanno detto che il libro in alcune pagine è molto poetico. Ne sono felice.

E la critica che più l’ha infastidita, se c’è stata?

Per ora non ne ho ricevute, ma il libro è uscito da poco. L’unico appunto che mi hanno fatto è che si tratta di un libro nostalgico, ma in realtà io non cado mai nella nostalgia, non dico che occorra restare legati al passato; il messaggio è che, nonostante tutto, bisogna staccarsi dai luoghi del cuore per vivere la propria vita.

Se la obbligassero a scegliere tra la carriera di attore e quella di scrittore, ora che ha provato entrambe, quale sceglierebbe?

Tutte e due! Non si può? Allora, dipende. Mi sento un po’ come i protagonisti di quel film di Nick Hornby che ogni giorno facevano classifiche su tutto (Alta fedeltà, ndr) e cambiavano l’ordine delle preferenze in funzione dell’umore. Ecco, per me è lo stesso. In questo momento posso dire che preferisco lo scrittore perchè è una cosa nuova, ma domani cambierò idea sicuramente.

Giacomo Poretti firma le copie del suo libro
in occasione di BookCity Milano 2012

I suoi compagni di lavoro, Aldo e Giovanni, hanno letto il libro in anteprima? Che cosa le hanno detto?

Sì, l’hanno letto in anteprima e sembra che sia piaciuto. Noi non siamo molto complimentosi tra di noi, ma ci sosteniamo sempre a vicenda.

So che le piace leggere. Quali sono i suoi scrittori preferiti?

Di nuovo una classifica! Le dico quella di oggi, magari domani cambia. Comunque: Calvino, Tolstoj e Dickens.

Nomi che non ti aspetti da uno così bravo a far ridere. Ma si sa, nella botte piccola c’è il vino buono.


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2 Comments

  1. Avatar
    Lucio Novembre 21, 2012

    brava Patrizia, bella questa sezione delle interviste fatto con la tua solita eleganza ma anche sincerità. Ti seguo sin dai primi giorni della messa “online” del tuo sito e oggi ne sono diventato un assiduo lettore. complimenti, alla prossima.

  2. Avatar
    carmen Novembre 26, 2012

    Magnífica entrevista Patrizia!! Parece que vale la pena leer el libro de Giacomo Poretti. Lo tendré en cuenta cuando acabe el que tengo entre manos.
    Enhorabuena , de nuevo por tu blog!!

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